L’illegittimo inserimento dei dati personali all’interno dei sistemi informativi sull’indebitamento della clientela delle banche e degli intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia, può causare al soggetto segnalato un grave danno da rimuovere nel più breve tempo possibile.
Se, da un lato, gli intermediari finanziari sono obbligati ad operare le segnalazioni per consentire una corretta valutazione del merito creditizio, da un altro lato, i soggetti segnalati devono essere senz’altro tutelati rispetto agli effetti negativi che l’errato inserimento dei dati può produrre sulla loro reputazione commerciale.
In via stragiudiziale, nel caso in cui ad una semplice richiesta di cancellazione dei dati rivolta all’Istituto segnalante non segua una risposta soddisfacente e tempestiva, il soggetto che ritiene di essere stato leso può rivolgersi, ad esempio, all’Arbitro Bancario Finanziario, conseguendo un provvedimento che non è vincolante per la Banca ma certamente è in grado di esercitare su di essa un effetto persuasivo.
Qualora la soluzione stragiudiziale, poi, si riveli insufficiente, è necessario rivolgersi al Giudice e, l’unico modo per conseguire al più presto la cancellazione, finora, si riteneva fosse il ricorso al procedimento cautelare ai sensi dell’art.700 c.p.c.. Tuttavia, considerato che la segnalazione agli archivi tenuti presso la Banca d’Italia costituisce anche una forma di trattamento dei dati personali, non vi è dubbio che, in caso di errore, si configuri una violazione della normativa posta a tutela della privacy, dettata dal d.lgs. 196 del 2003.
Il citato testo unico e, in particolare, l’art.152, nella formulazione originaria, individuava un procedimento sommario tipico finalizzato alla tutela dei diritti della personalità di colui che lamentasse l’illegittimità del trattamento dei dati. Si trattava di un procedimento dotato di particolare agilità e snellezza, caratterizzato da estrema concentrazione, tant’è che consentiva, dopo la fase istruttoria, a carattere anche officioso, di pervenire, in un’unica udienza, alla pronuncia della sentenza. L’articolo in discorso contemplava anche una speciale fase cautelare, da proporsi in via incidentale nell’ambito del già sommario giudizio, finalizzata sia a disporre la sospensione dei provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali eventualmente oggetto di impugnazione, sia ad adottare i provvedimenti necessari in relazione al caso concreto, tenuto conto – analogamente a quanto disposto dall’art. 700 c.p.c. – del pericolo imminente di un danno grave ed irreparabile che potesse essere patito dal ricorrente durante il tempo occorrente per far valere i diritti in via ordinaria.
L’art.152 del d.lgs. 196 del 2003 è stato riformato dall’art. 10 del d.lgs. 150 del 2011. Pertanto, le controversie in materia di applicazione delle disposizioni del codice di protezione dei dati personali sono regolate dal rito del lavoro. È competente a conoscerle il Tribunale del luogo in cui ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, come definito dall’articolo 4 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. La sentenza che definisce il giudizio non è appellabile e può prescrivere le misure necessarie anche in deroga al divieto di cui all’articolo 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), anche in relazione all’eventuale atto del soggetto pubblico titolare o responsabile dei dati, nonché il risarcimento del danno.
Fino al 22.10.2012, non constava in giurisprudenza alcuna pronuncia che affrontasse il problema dell’ammissibilità del ricorso promosso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. per ottenere la cancellazione dei dati personali da un archivio, in relazione all’esistenza del concorrente rimedio cautelare disciplinato dal citato art. 152 del d. lgs. n. 196 del 2003.
Nell’ambito di un procedimento cautelare inizialmente proposto da una società innanzi al Tribunale di Napoli per conseguire la cancellazione di una segnalazione alla Centrale Allarme Interbancaria (CAI), il giudice adito ha dichiarato la propria incompetenza per territorio, ritenendo che, a prescindere dalla qualificazione giuridica operata dal ricorrente, la questione controversa involgesse la violazione della normativa a tutela della privacy.
Partendo da tale qualificazione giuridica, dunque, il giudice ha ritenuto che si dovesse applicare l’art.152 del d.lgs. 196 del 2003 e che la controversia dovesse essere sottoposta al Tribunale del luogo di residenza del titolare del trattamento cioè dell’Istituto di credito convenuto in giudizio.
Il ricorrente, dunque, ha riproposto il ricorso innanzi al Tribunale di Verona che, con il provvedimento del 22 ottobre 2012, ha accolto le argomentazioni dello Studio Legale Criscoli, difensore dell’Istituto di Credito convenuto, e ha dichiarato l’inammissibilità del procedimento atipico di cui all’art.700 c.p.c..
Infatti, con ampia e articolata argomentazione, il giudice veronese ha osservato che il comma 4 dell’art.10 del d.lgs. n.150 del 2011 rinvia espressamente all’art.5 del medesimo decreto e delinea una forma di tutela cautelare tipica che va impiegata per impugnare il provvedimento amministrativo con il quale la Banca d’Italia iscrive i dati negli archivi presso di sé esistenti.
Il Tribunale ha, inoltre, escluso la possibilità di mutare d’ufficio il rito e ha affermato che, nel caso di specie, non fosse indispensabile la partecipazione della Banca d’Italia al giudizio, in quanto il ricorrente muoveva le proprie doglianze solo all’indirizzo della Banca intermediaria.
Il provvedimento del Tribunale di Verona, dunque, costituisce un precedente importantissimo che, peraltro, è stato già parzialmente seguito dal Tribunale di Benevento, sezione distaccata di Airola (BN). In un caso di ricorso ex art.700 c.p.c. per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi, infatti, accogliendo le difese dell’Istituto di credito convenuto, il Tribunale di Benevento ha dichiarato la propria incompetenza per territorio proprio evocando l’art.152 del d.lgs. 196 del 2003 e, dunque, riconoscendo implicitamente che trovi applicazione solo il procedimento cautelare in tale norma disciplinato.
Avv.Francesco Criscoli
Dott.ssa Alfonsina Biscardi